La burla delle primarie e il volto (logoro ma immutabile) del centrismo

 

In tempi di vacche magre i gonfaloni personalizzabili delle primarie, fanno il pieno quasi ad esplodere delle corbellerie della Fiesta. E chi li regge, divertendosi come dei bambini ad una sagra della cuccagna, si sono sgonfiati poco dopo come un palloncino colorato che adorna il banchetto dell’inganno dei sensi. Giocando e divertendosi, d’innanzi ad un palo scivoloso e pieno di prelibatezze, agghindato da Renzi. Il botteghino del mimo-dramma del PD chiude i battenti. Click… Si spengono le luci della fronda di Sinistra. La Gauche è progressista, riformista e liberale.

Questa si che è una notizia ? Macché, via il caviale e avanti con la Maison Clicquot. E Visto che abbiamo citato una Fiesta dal sapore hemingwayano, la Pamplona visionaria della rappresentatività politica dei corridori prescelti, purché muniti di una “valenza” e credulità inviolabile, eredità delle primarie di partito, hanno massacrato i sei “Jandillas” (tori da combattimento) senza corna. Abbattendoli al primo colpo. È finita un’illusione e lo schianto è fragoroso: Giachetti ha vinto a Roma, la Valente a Napoli e il modestissimo Cosolini a Trieste. Ora, il ramoscello dei dissidenti sinistrati, è rimasto senza foglie.

Ma che disdetta, non si era proprio capito. Pazienza, noi continuiamo a tifare per i tori di San Firmino. Quelli veri. Peró, dobbiamo dire che c’è chi ha fatto anche di peggio. L’altra sponda, lontana ma tanto vicina, non si è fatta mancare una capatina a casa Arcore. Tanto per accordarsi su un candidato scelto in base alla lunga lista dei privilegi di una volta e, cercando se possibile, di racimolare i pochi minuzzoli rimasti; accettando di buon grado la candidatura di un manager a Palazzo Marino. Dunque, a vincere nei due centrismi, è la gestionalità degli interessi ed una familiarità burocrateggiante.

E in questo, i due poli sono attratti dalla “carta moschicida” che antepone alle competenze, la solita manfrina della meritocrazia. Un modello politico e sociale che ricalca perfettamente il fil rouge che lega Berlusconi a Renzi. All’intreccio che è una visione politico-amministrativa, che fa della politica un criterio dell’economicità e un atto regolamentativo, infrastrutturale, distinguibilissimo nella società Italiana. Mettetevi l’anima in pace: a vincere le primarie del PD e a scegliere Stefano Parisi a Milano, sono i fondamenti di una regola del liberalismo politico: «Il credito commerciale in una gestione che è aziendale».

Finito il trambusto e le cene elettorali, chiamate un tutor. Oppure, affidatevi ad una società di consulenza manageriale. Meglio ancora, partecipate a quello che volete ma, non mettete becco nelle scelte che vi riguardano. La politica è a consumo ed è un mercato dalle pratiche liberoscambiste. Bisogna prima produrre e lottizzare. Sedersi ed ascoltare. Prendere ad esempio un unico campione e farne un punto di riferimento. Forse un giorno, vi sarà concesso di scegliere il Sindaco che preferite. Per davvero e non per finta. Ma sì, tanto chi se ne frega se i primi che dovrebbero dettare le leggi di tutto quello che riguarda la cittadinanza, dovremmo essere proprio noi ?

Silenzio. Basta con queste allusioni forvianti. Abbiamo ancora un po’ di tempo per sorbirci qualche spot elettorale, di una Destra che si rifà sempre più al cowboy maniacale e pistolero Donald Trump (al posto di Geronimo) e di una Sinistra di stampo inglese, laburista e riformista. Che bello, speriamo di non perdercene uno. Ci siamo tanto affezionati. Nel frattempo, Berlu e il Mr.Bean di Rignano sull’Arno, bevono un mojito su un poggiolo di una camera con vista. Parodiando Crozza e soprattutto gli italiani ma, peggio ancora, Ernest. Dite la verità: non vi siete proprio stancati?

Anche perché tra l’altro, è già in essere, da parecchio tempo, il passaggio dall’interregno berlusconiano al renzismo. E converrebbe ricordare ai politicanti di mestiere che, la buona stella di Renzi, comincia ad oscurarsi. E invece, a chi ragiona con il proprio cervello che, prima o poi , chi lo ha foraggiato da oltreoceano e in casa nostra, penserà bene ad inventarsi ed investire, in qualcosa d’altro. Ma a quanto pare è più importante aspettare la scadenza dei due anni di mandato. Di affossare, definitivamente, quel marchingegno che è la democrazia rappresentativa, neppure per sogno.

Altro giro altra corsa. E poi, così fan tutti: arrogandosi il diritto di emulare l’occhiolino, delle protagoniste di uno dei film di Tinto Brass. Nessuna differenza, a prima vista.

Francesco Marotta

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