Manuel Valls è un incendiario razionale. Uno di quei piromani della sinistra progressista, che ha sempre provato ad alimentare il fuoco delle provocazioni e delle polemiche assillanti, quasi sempre riproposte alla vigilia di un voto. È di certo un “piccolo borghese” che con il suo sparare a salve contro il Front National, non riuscirà a mettere nulla nel paniere della sua lobby, palesemente artefatta. Questa volta gli va male: “il passaggio al bosco” che vuole dare alle fiamme è oramai diventato ignifugo e, a nulla serve, un richiamo alla peggiore partigianeria. Il Mago Zurlì, proposto alla RAI da Umberto Eco, aveva delle capacità da «teleimbonitore» simili ma, più efficaci.
I vecchi schemi e l’abitudine a demonizzare dall’alto verso il basso un avversario, specialmente quando non si è mai avuta un’inclinazione diversa e dopo aver scelto, volutamente, la “rettitudine” e l’automatizzazione politica, è una delle specialità della casa che ci vengono riproposte, con una tempistica fuori dal comune. Una miscela che si tende a far credere come l’unica ancora di salvezza nell’abisso profondo che è per Manuel, una casa, in cui regna lo strumento esistenziale che include dall’esterno all’interno, solo le due esistenze del bene e del male. Caso contrario, senza addentrarci nelle peculiarità del FN che abbiamo già analizzato nello specifico, tutt’ al più un’occasione ed un’urgenza necessaria, per esibire una certa propensione ad una ritualità di un credo che non è solo politico.
Ed è proprio andando a scomporre questa logica e leggendo, attentamente, una delle sue manifestazioni che non sono certo improvvisate, riesce facile scorgere la contraddizione principale dei principi in cui crede il premier francese: “Il Front National è un pericolo per la Francia, se vincerà si rischia la guerra civile”. Insomma, una frase che si commenta da sola e che ci illustra, quanto sia importante per i “socialisti” d’oltralpe e per i cugini italiani, credere e contemporaneamente sostenere che l’essere, sia sinonimo di autosufficienza e non di differenza e che, la riduzione «dell’Altro a Medesimo», sia l’unico principio ontologico a cui tutti devono credere fermamente.
Come abbiamo avuto modo di leggere e sentire, tutto questo è solo utile a fomentare, grazie alla sponda di alcuni quotidiani francesi ma anche italiani, un eloquente assaggio del totalitarismo concettuale, di cui siamo una parte importante. In parole povere e in modo semplice e sintetico, il sermone riesce quando ha una massima diffusione. Potrebbe suonare più o meno così: non possono esistere delle distinzioni e degli intoppi che influiscano sulla linearità di una concezione del mondo. Pena, la possibile materializzazione del cattivo presagio, che oltrepassa la pantomima dello “scontro di civiltà”, ripropostaci in piccola scala e dalle fattezze di una guerra fratricida. Peggio che andar di notte, soprattutto quando non si è abituati.
Ancora peggio, qualora l’utilità è una spinta nella certezza che le cose si mettono male ed è utile, rivisitare, il solito tutti contro tutti. Purché, come direbbe Martin Heidegger, trionfi ovunque «la monotonia scoraggiante di ciò che è semplicemente “il medesimo”, che non conduce a nessun successo, poiché niente può seguirne o derivarne». Tradotto in lingua italiana: l’inadeguatezza nel credere nella continuità dei successi del FN e nel loro approdo in Italia. In quell’Unione delle genti che credono in un’immaginaria rappresentanza di Destra, senza chiedersi il perché di un incubo dove tutto traspare, tranne il plusvalore di popolo.
L’assieme di vecchie lenze e riciclati, nell’assolo e nella dimensione di atemporalità, utili ad essere indirizzati al concetto “heideggeriano” sopra citato. Oppure, a proposito del prestare i fianchi, quel puntamento preferito degli emuli di Valls in terra italiana che ha un bisogno, neppure nascosto, di attaccare il nulla miscelato in un frappè dall’impianto demagogo ed elettoralistico. Servito caldo e senza una mentalità, che comporta una mente fredda. Una questione di gusti ?
Francesco Marotta