Le bocce referendarie hanno smesso di rotolare. In tutti i sensi, perché è un susseguirsi di stop, al mai più rivederci Renzi e ti abbiamo cacciato. Una lagna e un referendum vissuto dalla sponda del “No”, improntato sul mandare a casa Matteuccio per far votare un governo ai cittadini, ponendo l’accento sul Bomba che non c’è più perché non è mai stato eletto. A rincarare la dose è fresco di giornata il rammarico per il suo “congelamento” ad opera di Mattarella, al pari di uno psicodramma.
Insomma, tutto e il contrario di tutto, tranne voler capire (per interesse o qualcosa di simile?) dove dimorano i resti della “Balena Bianca”. Ieri Berlusconi ha espresso le sue riserve e per rimanere in tema, può anche essere che oggi dica l’esatto contrario di quello che pensava poche ore prima: «spetta al partito democratico dare vita al prossimo governo».
Quello che invece continua a non sorprende è la totale incapacità di leggere ciò che accade a pochi centimetri dal naso: l’era della rappresentanza politica, della delega in bianco a Tizio, Caio e Sempronio, non è dissolta ma incomincia a vacillare. E per quale motivo ? Uno degli impulsi che emerge dalle dichiarazioni rilasciate ai media dalle rappresentanze politiche del “No” e del “Si”, persino in quelle che hanno deciso di astenersi, è il richiamo incessante al riprendersi, diligentemente, quella rappresentatività che dicono di aver perduto; facendola passare come un dialogo che si è interrotto con la gente. Una sorta di “Confiteor” o di preghiera penitenziale con tanto di Mea Culpa, parecchio diverso dal titolo e dal contenuto del celebre pamphlet di Céline.
Renzi ha perso un referendum che ha totalmente incentrato sulla sua figura, evidenziando un Ego sconfinato e una Matrice Identità che pare il duplicato di quella matematica :«una matrice quadrata i cui Elementi della Diagonale Principale sono tutti uguali ad Uno, mentre i restanti elementi sono tutti pari a Zero». Tornando al dopo voto, alla catastrofe tecnica e alla possibilità di vedere Pier Carlo Padoan, Pietro Grasso o Graziano Delrio alla Presidenza del Consiglio in attesa di elezioni che nessuno vuole, viste le percentuali che indicano la fine del duopolio centro-destra/centro-sinistra ?
La possibilità di sorbirci, per tanto o per poco tempo, l’ennesimo governicchio calato dall’alto che fa comodo quasi a tutti, non è un’idea peregrina. In particolar modo, per alcune delle componenti dell’accozzaglia indistinta, parzialmente giustificabile per il “No”: un risultato finale che esprime solo la bocciatura degli italiani che si guardano bene dal metterci il cappello. Nulla più. Ma, però, è già sin troppo per quelli che hanno tutta l’intenzione di indossarlo, non trovando di meglio da fare se non ridurre il tutto, all’ennesima paccottiglia elettorale. Rivolgendosi poi, alle sempre più esigue “truppe cammellate” del solito centro-destra e centro-sinistra da ricomporre, ripetendo la formuletta magica di una rinnovata “offerta politica”.
Il punto è questo: sono realmente convinti che dopo il Nazzareno, nel continuo dell’inciucio che vede uno dei leader di schieramento, dichiarare prima del referendum che lui voterà “No”e che tutte le sue aziende, ovvero il suo portafoglio e tanti suoi elettori voteranno per il “Si”, di essere prima di ogni altra cosa credibili. Verrebbe da dire che perlomeno, dall’altra sponda, con tutta la teatralità “markettara” ed il disastro completo del Mr. Bean di Rignano sull’Arno, lui, il che è tutto dire, ha capito la situazione e sa di essere arrivato al capolinea.
Che poi, questo coincida e sia il risultato della sua boria e della sua personalizzazione, non potendo fare altro se non vedersela all’interno del suo schieramento per essere defenestrato, (molto improbabile) o nel caso contrario, per far credere che la sua sconfitta corrisponda a quella di tutto il PD. Magari come agli esordi, imputando le colpe ai rami secchi che lui ha tagliato, permettendo alla “sinistra al caviale” di ricompattarsi con lui o senza di lui, poco importa.
Ciò dimostrerebbe che seguire la regola invalsa dei numeri che contano più dei contenuti e, quelli della politica che se ne frega di portare a termine tutto quello che è utile per l’Italia e per le sue genti, comporta l’avere dei dirimpettai professionisti del calcolo. Sulla stessa linea d’onda ma, un tantino più scientifici. Quelle poche volte che sono andati in difficoltà, la zavorra non l’hanno mai gettata ma eliminata, anche e solo apparentemente.
E se i due vasi come abbiamo avuto modo di vedere sono comunicanti, il loro Berlu lo hanno messo alla berlina perché, oltre ad essere incapace e provvisto di una parlantina inconcludente, continuava a ripetere degli schemi vecchi di trent’anni. Lo dimostra, la presenza assidua in televisione e il voler essere al centro dell’attenzione mediatica giorno e notte. I suoi detrattori, solo quelli del suo partito e gli italiani che lo hanno battuto con le sue stesse armi. Di solito non cito quasi mai i proverbi ma questa volta è calzante: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Non è quasi mai così, tranne per Renzi. Viene il dubbio che non sarà certo il solo…
E poco conta se si andrà a votare, pensando che l’offerta politica sia la cartina di tornasole del fare politica. Nella caciara del mercato che si reggeva sulla continua ricerca del voto, prima di vietarlo per mancanza di consenso, qualcosa è cambiato. La gente ha capito che l’insieme dei detentori del potere economico e politico, si regge su l’equilibrismo dall’alternanza fra destra e sinistra. Ma soprattutto, non crede più ai “giochi di prestigio” e all’incoerenza che sfocia in una comunicatività imbarazzante, lungo il filo frastagliato delle coalizioni che hanno governato l’Italia. Agli italiani, interessa poco il voler stare tutti insieme dei “separati in casa” delle alleanze elettorali. Interessa solo, uscire dal pantano in cui li hanno cacciati, fregandosene di chi emette una sentenza capitale e di chi la mette in pratica.
Una persona sensata direbbe che è ora di scendere dal piedistallo. Diciamo invece che forse, con tutte le precauzioni del caso, per qualcuno la cuccagna è finita.
(Fonte: http://www.destra.it, Francesco Marotta, 6 dicembre 2016)