La letteratura fantastica, ripropone un testo magnifico di Arthur Machen per lungo tempo dimenticato. Un romanzo che riconcilia con un genere sin troppo sottovalutato, probabilmente a causa dell’enormità degli spunti, per la sua forza evocativa e per l’impenetrabile richiamo onirico/essoterico; aperto, infatti, a chi lo vuole cogliere. Questa è la storia di un uomo alle prese con una realtà pietrificata che si fa beffa del problema del tempo, dell’identità e della tradizione, ingannate in un passato da riproporre a tutti i costi. Il luogo e il non-luogo dove il fantastico, il mistero, la seduzione per la trascendenza di Edgar Allan Poe, la vena mistica di Yeats e la banalità della modernità, si intrecciano implacabilmente.
L’idea di ripubblicare “La collina dei sogni” di A. Machen, dopo trent’anni di oblio dalla prima edizione italiana del 1988 curata da Reverdito Editore è venuta in mente a Giuseppe Aguanno, giovane e brillante Direttore della Collana “i tre sedili deserti”della casa editrice palermitana Il Palindromo. Il romanzo, uscito nel lontano 1907, elabora le vicissitudini di Lucian Taylor e l’inquietudine surreale dei misteri che lo attanagliano, costringendolo ad adattandosi mal volentieri in un limbo di emozioni e sensazioni che galoppano da un passato rivissuto, sempre uguale, all’insipienza della routine; quel passato immutabile, percepito in ogni affranto di un’esistenza che diventerà una pena auto-inflitta da espiare ed una follia lineare, che lo accompagnerà sino all’ultimo dei suoi giorni.
Dopo aver riposto le duecentoottantotto pagine del volume, la prima cosa che viene in mente sono le similitudini che accomunano Lucian e il padre letterario Arthur: entrambi vittime del plagio di un manoscritto redatto da poco, uniti interiormente nell’esperienza di vita di uno e dell’altro. L’identità gallese e le origini britanne e romane, sono riassunte magnificamente in un’esistenza tormentata da un’angoscia difficile da lenire; alle prime luci del soggiorno a Londra, sulla notte portatrice dei sogni “maledetti”di Lucian, calerà il sipario. Prima che «l’abisso» nietzschiano si impossessi di Lucian tramite la penna di Arthur e appena un attimo dopo, avergli somministrato la dissolutezza dei vapori malsani dell’agglomerato industriale, che lo coglierà incredulo per l’uniformità dilagante di quella che una volta era Notting Hill sino ai suburbi londinesi.
In questo splendido romanzo scritto da A.Machen, non c’e’ traccia del Virgilio dantesco che conduce l’uomo alla felicità in terra, portando con sé le quattro virtù cardinali, la razionalità ed il metodo della buona «grazia divina» e della «teologia rivelata». L’intuizione di Dante che indica “l’uomo retto”, evapora in un istante: questa volta è alle prese con il soccorso di un fauno dalle sembianze riconoscibili nell’identità e nella tradizione, purtroppo diventato cieco per via della sua essenza e per la sua pluralità indiscutibile. Annichilito com’è, dalla furberia politico-razionalista di Dante e per fortuna, ripropostoci con esattezza, dallo scrittore gallese.
L’orrore sovrannaturale della letteratura di A.Machen, autore dell’indimenticato Il gran dio Pan edito da Mondadori nel 1982, quando ha scritto questo romanzo non aveva certo intenzione di portarci su un’improbabile nebulosa di Orione; per meglio dire, composta dal simbolismo e dal decadentismo fissi su di una «condizione umana», innaturale. Anche perché, nell’introduzione scritta dallo stesso A.Machen, tra le pagine della prefazione a cura di Gianfranco de Turris e nel testo tradotto integralmente da Claudio De Nardi, troviamo tutt’altro. Quella “visione del mondo” del Bene e del Male che tutti conosciamo, lascia il posto a ciò che è assolutamente «naturale» e incredibilmente, tangibile.
Il nostro Lucian, camminerà per i sentieri delle colline di Caerleon, perdendosi in un punto del periodo arcaico del Galles. Travolto dalla lucentezza di Lúg, dalla bellezza del volto di Brígit che proverà a indicargli il nuovo che arriva, visiterà spesso il forte di origine romana, scoprendo a sue spese, quanto quei ruderi siano ancora in grado di destare gli squilli di tromba dei legionari romani. Ed è qui che il Nostro, tesserà la tela di un’avventura al limite dell’impossibile e del sogno onirico vissuto dal suo alter ego. Londra, rappresenterà la tappa fondamentale per comprendere quanto la Tradizione vada ben oltre le tre concezioni del tempo.
Attraverso le peripezie di Lucian, riusciremo finalmente a comprendere che risiede nel profondo di ognuno di noi ? Chissà…
Arthur Machen
La collina dei sogni
Traduzione a cura di Claudio De Nardi e prefazione di Gianfranco de Turris
Edizioni il Palindromo, Collana I Tre Sedili Diversi, aprile 2017
Pagg. 288, euro 18,00