Rieccoci, il carrozzone della politica ha permesso agli astanti di correre al voto. I quali, fregandosene altamente della gentile concessione, preferiscono impegnare il loro poco tempo a disposizione, in altre cose molto più concrete. Ad aver votato sono circa il 60,07% degli italiani, molti di meno dell’anno 2012 ma appena sufficienti, per innescare i soliti proclami e le solite promesse che riguardano le alleanze, più o meno dichiarate.
Questo, come al solito è il momento giusto per rimangiarsi i canti sovranisti per un più comodo “uniti si vince” dalla sponda di centro-destra. Leggasi, le dichiarazioni di M. Salvini: «Non ho sentito Berlusconi, sicuramente lo sentirò come gli altri amici della squadra. Noi facciamo e faremo di tutto per una coalizione più compatta possibile, deve avere un programma unico, che ancora non c’è, e in questo senso gli faccio il mio ultimo appello». Tra l’altro, molto simili a quelle del Sindaco di Milano G. Sala che dichiara: «La sinistra stia unita, via è modello Milano».
Siamo alla riesumazione del bipolarismo, sinonimo dell’autosufficienza e dell’opportunità strumentale della Politica ? Parrebbe proprio di Sì. Senza guardare neppure ai risultati dei ballottaggi, a Palermo stravince Leoluca Orlando (ma che bel cambiamento !) e nel resto delle città in cui si votava, è stata una corsa tra i due poli di centro-destra e centro-sinistra. Novità ? Nessuna. Qualcosa d’altro che si discosti ? Silenzio tombale.
Ora però, c’è da tenere presente che oltre il 50% degli italiani, più o meno quasi tutti quelli che non si riconoscono nei tre contenitori, non possono essere annoverati in un bacino d’utenza politica dove pescare alle prossime Elezioni Politiche. Questo è chiaro, oltre ad essere evidente. In questo scenario non vi è traccia di una possibile forza emergente (i tre poli quasi si equivalgono e sono distaccati di pochi punti), in grado di proporre un programma degno di questo nome, composto da competenze in grado di risolvere i nodi intricati delle problematiche che attanagliano lo Stivale.
E la figuraccia pochi giorni prima delle elezioni, del tabellone della Camera che mostra i “franchi tiratori” legittimando un errore che non si era mai visto prima, è a dir poco imbarazzante. Anche se a dirla tutta, più di un dubbio c’è. Insomma, non sarà stata mica colpa di chi vuol lavare i panni sporchi in pubblico, solo quando gli fa comodo ? Salvo poi, ricordarsi che apparentemente è lì grazie ai voti dei cittadini e non di certo per le liste bloccate e decise dai capi corrente dei partiti ? La provocazione cessa, quando l’esatto contrario è più di una certezza. Poi, chissà come mai quel tabellone che dovrebbe essere visibile sempre a tutti, sembra quasi voler legittimare la solita solfa.
Intanto, restare in attesa non serve a nulla. Anzi, arrivati a questo punto, può risultare fatale. Il lavoro è una chimera. L’impresa è in forte sofferenza. La forbice tra chi è molto ricco e chi fa la fame, aumenta. Il ceto medio è scomparso definitivamente. La politica estera italiana e poco più di un tentativo supino. La natalità è ai minimi storici. Siamo alle prese con un’ondata di immigrazione senza precedenti. La sanità funziona decentemente solo in alcune regioni e come se non bastasse, abbiamo un’Italia che viaggia a tre velocità differenti. Per non parlare di tutto il resto.
L’unico settore in netto fermento è quello culturale ma non viene neppure supportato, pur essendo l’unico in grado di dare un notevole contributo alla risoluzione di questi problemi, tramite i think tank qualificati che non vengono neppure presi in considerazione. Verrebbe da dire, salvate il “populismo” e la “sovranità” da chi li ha resi un accessorio per portare avanti il solito schemino. Ma allora, tutto è perduto ? Assolutamente No. È ora di muoversi per chi ha voglia di cambiare le cose, fuori dal Monopoli dell’utilitarismo del circo elettorale.
Ma soprattutto, chi sarà in grado di ascoltare e proporre dei programmi seri sui temi più scottanti, cosa molto diversa dall’intercettare gli umori della gente, renderà un prezioso servigio alla cittadinanza. Senza secondi fini e per voltare finalmente pagina: restituendo alla Politica il posto che gli compete e alla meritocrazia le panzane che alimenta. L’identità e la sovranità sono inseparabili e non urlano tutto e il contrario di tutto. Qualcosa d’altro subito è possibile. Forza, facciamocene prima o poi una ragione.