Libertà ed Arbitrio a cura di Andrea Piran

 

Liberta [s.f.]

Stato di chi è libero; condizione di chi ha la possibilità di agire senza essere soggetto all’autorità o al dominio altrui:

Arbitrio [s.m.]

 

Facoltà di operare e di giudicare secondo la propria ragione e la propria volontà:

 

Il rapporto tra libertà ed arbitrio è mediato da un concetto: la regola che si può definire regola l’insieme dei processi che stabiliscono se qualcosa è corretto oppure no, ed è l’adesione a queste regole che determina l’appartenenza di un’opera d’arte ad un orizzonte di senso (e.g., l’esistenza del vocabolario è l’ammissione implicita che non tutte le sequenze di lettere ammettono un significato). La possibilità di un’innovazione nelle forme artistiche prevede un rapporto conflittuale con la regola: da una parte vanno trasgredite per arrivare al nuovo, dall’altra vanno rispettate in qualche forma per poter essere decifrate. In termini linguistici si può pensare la regola come l’insieme di vocabolario più grammatica che è la condizione necessaria affinché una frase possa essere compresa da un’interlocutore.

Ogni forma espressiva, per poter essere comunicazione, ammette un accordo sul significato dei segni; motivo per cui, un linguaggio artistico non può vivere una rivoluzione tecnologica permanente altrimenti non ci sarebbe “quel minimo di stabilità senza la quale esso viene privato di qualsiasi funzione di comunicazione” [H. Dufourt cit. in Dante Tanzi – Linguaggi compositivi e innovazione tecnologica fra scienza e arte] cioè, in altri termini, si entrerebbe in una specie di arbitrio linguistico. L’idea, non priva di sostenitori, che sia possibile ammettere la possibilità di infinite combinazioni dei segni che portano alla formazione dell’opera, e che permetterebbe, in linea di principio, l’evoluzione lineare, progressiva e senza fine del linguaggio artistico.

L’arbitrio, in arte, si ha quando la ricerca del nuovo porta al superamento di tutte le regole, in questo modo chi dovrebbe ricevere il “messaggio” viene privato delle coordinate per l’orientamento necessarie per decifrare il contenuto di un’opera. L’arbitrio si ottiene anche quando si sceglie di non spiegare le regole, o il metodo, con cui viene composta un’opera. Posto che nessun linguaggio si spiega da se, o è universale, ciò che separa l’arte dal caos è la conoscenza, da parte di chi guarda, che esso è, in realtà, controllato (tecniche come il dripping di Pollock, o l’uso dell’alea da parte di Cage, sono proprio l’escamotage con cui si sovrappone l’ordine al caos). In fondo, senza saperne le motivazioni ed il percorso, un quadro di Kandinsky sarebbe distinguibile da un’accozzaglia di segni grafici? Quanto un’opera come “Punto, linea e superficie” è essenziale per comprendere la complessità concettuale di opere graficamente semplici?

Separazione concettuale diffusa tra gli studiosi è quella tra opera d’arte ed esperimento che porta ad una comprensibilità per il pubblico, l’opera, oppure ad una fruizione elitaria, l’esperimento. La divisione è, in parte, pretestuosa poiché l’opera d’arte può essere esperimento e viceversa; se così non fosse qualunque idea di avanguardia verrebbe retrocessa ad una forma di gioco al fine della “novità” fine a se stessa e l’arte avrebbe una stasi letale dal punto di vista linguistico. Se si pensa allo stato letargico di istituzioni museali e concertistiche, ferme all’esposizione di forme vecchie di almeno un secolo, ci si rende conto degli effetti letali di queste distinzioni. La fruizione elitaria è, a giudizio di chi scrive, generata dall’idea che l’arte può non essere spiegata poiché è universale ed accessibile a tutti, del resto, l’idea del bello è una categoria considerata come sostanzialmente universale.

La regola nasce, in ultima istanza, dalla presenza ineludibile dell’altro che fa sì che si renda necessario un vincolo tra chi crea e chi fruisce per rapportarsi entro una serie di processi condivisi, e con una loro divenire storico, senza il quale emerge un arbitrio artistico. Il ritenere che qualunque forma sia valida al dì la di ogni tradizione pregressa, porta all’assenza della possibilità di comunicazione poiché, alla fine, presuppone che siano sufficienti solo le proprie regole espressive, non tenendo conto che queste debbano coincidere, almeno in parte, con le regole recettive di chi sta di fronte per poter essere comprese.

Sentiti a casa tua.

Andrea Piran

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