L’omologazione dello streaming uniforma la scelta degli utenti

 

 

Pressoché tutti i dati dell’industria musicale danno i servizi di streaming ad una quota di mercato tra il 40% ed il 50% e questo comporta una riflessione sui comportamenti relativi alla fruizione musicale contemporanea. La funzionalità dello streaming, per come è implementato dai servizi più popolari, è essenzialmente a metà strada tra la radio, dato che, sulla base del profilo dell’utente, la musica viene proposta automaticamente, ed il juke-box in quanto, nelle versioni a pagamento, la decisione della scaletta musicale è, con ampi margini di manovra, affidata all’utente.

In questo contesto la musica non è un oggetto, che come detto in altra sede può diventare anche un simbolo, ma è un servizio i.e., un bene immateriale avente un valore economico, e questo comporta un’individualizzazione della fruizione in quanto un servizio non è scambiabile a differenza di un oggetto. Partendo dal presupposto che lo scambio è una funzione sociale, in quanto ognuno degli attori coinvolti si deve “privare” di qualcosa, l’effetto finale di questo processo di “liquefazione” è presumibilmente un indebolimento dei legami comunitari, e questo è dovuto al ruolo della piattaforma come gestore del flusso musicale che si sostituisce al ruolo che era tradizionalmente di altri attori come e.g., il commerciante.

Nella situazione attuale, la presenza massiccia di contenuti ha l’effetto di aumentare il valore dell’aggregatore di contenuti piuttosto che del contenuto dato che se problematiche come e.g., lo spazio o la situazione economica, imponevano una scelta da parte degli attori che selezionavano le opere, una piattaforma liquida può teoricamente ospitare tutto ed, infatti, è il concetto centrale della comunicazione delle piattaforme. Questo, però, non modifica solo il valore economico ma ha un ruolo legato alla rottura dei legami di fiducia con dei selezionatori i.e., il presupposto alla base di fenomeni in via d’estinzione e.g., lo scambio di cassette, è la compatibilità dei gusti o persino l’appartenenza alla comunità di estimatori di un certo genere; quindi è qualcosa di simile ad un rituale che costruisce una comunità.

Nel momento in cui un servizio permette a tutti di accedere a tutto, eliminando eventuali altri rapporti, un ascoltatore rimane sostanzialmente “solo” e questo, potenzialmente, gli preclude paradossalmente l’accesso a qualcosa di diverso a causa del fatto che i suggerimenti sembrano basati su caratteristiche di prossimità i.e., qualcosa di simile a ciò che un utente ha appena scelto. Secondo questo presupposto, la prima cosa che una piattaforma sottopone a un nuovo utente è ciò che piace al maggior numero d’utenti e l’effetto prevedibile è il prosciugamento di ogni nicchia che si basava sul passa parola degli appassionati, ora che sono stati trasformati in utenti.

Andrea Piran

2 pensieri su “L’omologazione dello streaming uniforma la scelta degli utenti

  1. Sono d’accordo, ma solo in parte. Non ci si deve fermare ai suggerimenti, andare oltre e cercare, crearsi la propria identità musicale. Per chi vuole farlo, lo streaming offre opportunità che prime erano precluse a molti.

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  2. Pingback: L’omologazione dello streaming uniforma la scelta degli utenti — L’Agorà della Polis | l'eta' della innocenza

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