Confindustria. Il Decreto Dignità è un palliativo ma i conti non tornano

 

Il Decreto Dignità non piace a Confindustria. Il Presidente Vincenzo Boccia, eletto con cento voti a scrutinio segreto, amministratore delegato di Arti Grafiche Boccia dal fatturato che supera i 40 milioni di euro cui un terzo è ricavato all’estero, dice No e si appella al calo del PIL. A dire il vero, guardando i numeri dell’Istat e della stima preliminare del prodotto interno lordo che dicono altro, spulciando gli undici articoli della bozza del decreto, le parole di Boccia sembrano orientate piuttosto ad una rinnovata flessibilità del mercato del lavoro.

Trattasi ormai di un mercato non disciplinato da norme legislative che aiutino ad incentivare il lavoro, dove abbiamo recentemente svolto un’indagine per uno dei capitoli di un libro, rivelatasi a dir poco raccapricciante (presto, in uscita). La linea di Boccia, come abbiamo detto, è quella della flessibilità che ci riporta al Jobs Act sulla falsariga del Governo Renzi e di quelli precedenti ? Pare che il ribasso dei salari reali, delle pensioni, dei sussidi di disoccupazione e del Welfar, del proliferare delle esenzioni dalle leggi sul lavoro e degli standard appiattiti su un salario minimo indecoroso, siano di vitale importanza.

Ma per Confindustria, lo è ancor più la regola che impone il “gioco” al ribasso tra le nuove forze lavoro e gli italiani, costretti a competere per stipendi da fame. L’obiettivo, per i pochi che non lo avessero ancora capito, è quello di raggiungere una standardizzazione prima del 2019. Qualcosa da noi non torna: è il metodo usato per avvicinarsi alla data che sancirà l’avvio dell’unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union), il progetto dell’Unione Europea per facilitare la circolazione dei capitali e l’ampia rosa di finanziamenti alle Pmi. Seguendo, uno spartito alla lettera.

Un progetto che sulla carta pare essere d’aiuto per le piccole e medie imprese, se non fosse che, quando si chiede un prestito, comporta un tasso di interesse e deve essere poi restituito con delle modalità che oggi non conosciamo. Come i nomi delle banche e degli istituti finanziari convenzionati. In aggiunta, pensiamo davvero che la BCE di Draghi possa coprire da sola questo tipo di operazione ? È da escludere. Dobbiamo tener conto che affidarsi al mercato dei capitali espone l’economia alla volatilità e alla prociclicità che contraddistingue i mercati.

Quello che V. Boccia e i media mainstream si guardano bene dal raccontare agli italiani, riguarda il legame delle banche con delle società che svolgono la stessa mansione pur non essendo tali. Parliamo del sistema bancario ombra, conosciuto dagli addetti al settore con il nome di shadow banking system, in grado di spostare fuori bilancio gran parte delle attività. A questo, dobbiamo aggiungere a proposito dei finanziamenti alle Pmi, il ruolo delle cartolarizzazioni che dispongono della facoltà di eludere l’accordo di Basilea e le motivazioni a concedere sempre più prestiti.

Chiarito questo, è evidente in che modo la speculazione non rientrerà nei coefficienti patrimoniali, quanto il sistema ombra bancario possa in queste condizioni fare quello che vuole con il bilancio, il ruolo fattivo dei burocrati di professione che grazie al Capital Markets Union, rilancerebbero, chissà per quali ovvie ragioni, proprio le cartolarizzazione e il sistema bancario ombra…

Insomma, la scusante del Pil e la lezioncina di Confindustria sul Decreto Dignità che per chi vi scrive è un palliativo sulle delocalizzazioni, la piaga della ludopatia, la cancellazione del redditometro ed il freno alla precarietà, sembra la foglia di fico di un impianto che vorrebbe ridurre l’Italia a degli “hotspot” permanenti e l’alibi, di un interesse personalizzato. Se così non fosse, sarebbe anche ora di scoprire le carte. Senza però, prendere prima da un piatto in attesa di un qualcosa di più sostanzioso.

Interessante per pochi ed indigesto per molti.

 

 

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