Dopo un’attesa durata anni, visto che la prima anteprima del seguito di 300 è del 2011, Frank Miller manda alle stampe un’opera complessa e frammentata che riprende e problematizza un tema che in 300 era relativamente marginale: il ruolo dell’Ideale e del Potere. Per fare ciò l’autore parte dalla modifica della struttura narrativa. 300 era interamente centrato sulla battaglia delle Termopili contrapponendo, in modo abbastanza schematico ma visceralmente efficace, due personaggi: Leonida, un re che, in definitiva, s’immola assieme alla sua guardia personale, i 300 uomini del titolo, per fedeltà alla legge di Sparta e Serse, un re autoproclamatosi dio, che attacca utilizzando la forza bruta del numero ed alla fine vince con le lusinghe concesse a chi gli si professa fedele.
Xerses invece è diviso in tre fasi distinte. La prima è basata sull’attacco di re Dario all’Atene guidata da Temistocle aiutato da Eschilo, drammaturgo tratteggiato come una specie di D’Annunzio per l’eroismo in battaglia, e Milziade, nobile generale tanto regale quanto effeminato, che si rivelano come sottolineature del fatto che l’esercito ateniese è “un’accozzaglia di sarti e vasai, di fabbri e pescatori”, in linea di principio, completamente inadatto ad affrontare un esercito addestrato e numericamente superiore. Però gli Ateniesi sono guidati da un ideale, la Democrazia, che, anche nei dubbi di Temistocle sulla liceità di un simile sacrificio per un’astrazione, specchio dei dubbi di Leonida sulle leggi di Sparta, li spinge a tentare un’impresa che, nel suo successo, spinse Serse alla vendetta nei confronti della Grecia. La seconda, e più breve delle tre, descrive la figura di Serse ed approfondisce la descrizione ai confini della follia del sovrano persiano visto che salva le vite degli Ebrei solo per le insistenze della regina Esther, e non per una qualsivoglia legge. In questa visione, il potere di un dio di Serse viene descritto come il capriccio di questi, essendo la legge coincidente col volere del sovrano, basato sulla fedeltà dei sudditi comprata con le concessioni ottenute con le suppliche. La terza comincia quando, dopo la morte di Serse per via delle congiure della nobiltà persiana, viene introdotto Dario III ed il suo regno sconfinato ed unitario.
Giocando con le aspettative del lettore, Miller introduce lo scontro tra Alessandro Magno e Dario III come se fosse il tipico climax di una storia bellica, il conflitto tra Greci e Persiani, ma lo sviluppa come se fosse una riflessione sulle due culture. Lavorando sui dettagli narrativi, se Temistocle era lo specchio di Leonida, Alessandro ne è l’antitesi visto che non si difende, ma attacca, e, sopratutto, lo fa senza nessun motivo dichiarato. Non c’è nessun Ideale né Legge a guidare il re macedone bensì una volontà d’espansione che si configura come ricerca della gloria personale anche se, come i suoi predecessori, anche lui combatte i persiani contrapponendo tattica a forza bruta. Mentre le tavole contrappongono gli eserciti greci e persiani facendoli sembrare, se non simili, almeno sovrapponibili, e raccontando l’avanzata dei Greci segnata da saccheggi degni dei Persiani, s’arriva al finale, dopo che Alessandro rifiuta le richieste di Dario III con un’indolenza che ricorda sinistramente l’algidità di Serse, che viene risolto dall’omicidio di Dario III orchestrato dalla sua corte.
La vittoria del presunto eroe della storia viene segnata dal funerale organizzato a Dario III da un cupo Alessandro che indaga la corte persiana e si rattrista davanti alla salma di colui che chiama amico dicendo che entrambi condividono la stessa missione e che lui lo porterà a termine. Anche se lo scrittore statunitense chiude sulle avventure che attendono l’eroe, un certo pessimismo assale il lettore. Dichiaratamente critico verso l’attuale amministrazione del suo paese, risulta, ad onore del vero, difficile stabilire quanto la descrizione di Alessandro coincida con un giudizio su di essa mentre emerge più chiaramente un ragionamento tra Ideale e Potere nella contrapposizione tra la prima parte e la terza parte della storia.
In modo anche più esplicito rispetto a Leonida, Temistocle è la rappresentazione di un uomo idealista, e non casualmente ai confini dell’imprudenza, tant’è che combatte per il mantenimento di un ideale, la Democrazia, la cui vita è legata all’esistenza di confini, (de)limite di coloro che vi si riconoscono, dall’assalto di una figura, Dario, che non ha nessun altr’intento se non aver un altro popolo da cui avere obbedienza. In modo più razionale rispetto a Serse, Alessandro è la rappresentazione dell’uomo di potere che non ha altri orizzonti se non la conquista e per questo pianifica freddamente l’attacco in modo da ottenere i suoi scopi e tratta i suoi avversari con l’accondiscenda che un dio può avere nei confronti delle sue creature. Nel raccontare la sconfitta dell’Ideale nei confronti del Potere, Miller racconta come questo non sia indolore ma bensì coincida con la sconfitta di una Civiltà nel momento in cui Leonida la tiene in vita perdendo, ma diventando un esempio per coloro che gli succederanno, ma Alessandro la sopprime vincendo ma facendo propri i valori dei suoi nemici. In definitiva se Ideale è la difesa di una tradizione il Potere è la sconfitta di un nemico.
Andrea Piran