Il caso. Vi spieghiamo all’Espresso non hanno mail letto Alain de Benoist

L’articolo uscito su l’Espresso dal titolo “Libri Neri” a cura di Andrea Palladino e Giovanni Tizian, è pieno di inesattezze. Il duo del settimanale, non ne azzecca una. Facendo passare sottotraccia le figuracce dell’intellighènzia radical chic al Salone del Libro di Torino. Una sorta di Titanic che continua a fare acqua da tutte le parti, con il tentativo di rianimare un’egemonia culturale, ormai al lumicino. Un’impresa quasi impossibile, dato le figuracce consecutive.

Il grande scoop giornalistico, nientepopodimeno che, pare essere un collage di fobie e asserzioni inesatte verso alcuni argomenti culturali, fatti e persone, setacciati sotto la lente d’ingrandimento della disinformazione. Ad inizio articolo, per esempio, citano a sproposito Alain de Benoist e la “Nouvelle Droite”. Logicamente, senza neppure sapere che è un termine coniato dai media, alla ricerca continua di affibbiare targhette riconoscitive su ciò che non conoscono e non vogliono neppure, prendersi la briga di approfondire. Sarà anche il caso loro? Una bollatura dogmatica che Alain de Benoist non ha mai sentito propria, guardandosi bene dal riconoscersi come tale.

Ma ad essere imbarazzante, è l’accostamento di un filosofo dello spessore di Alain de Benoist, alla destra radicale e ad “Le Grand Remplacement” esposta nel saggio di Renaud Camus (“La Grande Sostituzione”). Una interpretazione pessima anche del saggio in questione, volutamente accostato al manifesto dello squilibrato di Christchurch, in Nuova Zelanda.

E come se non bastasse, sempre a proposito del Nostro, ecco spuntare tra le righe del “reportage” che supera il limite della ricostruzione tendenziosa, un altro accostamento a sproposito della nozione di «identità» interscambiata con l’identitarismo. Facendo passare Alain de Benoist, quale fosse stato il mentore del Bloc Identitaire francese, dell’ottimo Fabrice Robert. È evidente che alcuni scritti recenti sulla “Nouvelle Droite”, siano riusciti a dar adito per certuni ad una visione distorta e semplicistica, di ciò che era e tutt’oggi è, anche in Italia, una scuola di pensiero.

Nasce il dubbio che il duo Palladino-Tizian, avrà sicuramente dato una sbirciatina a queste letture sommarie e raffazzonate. Ma andiamo con ordine: In primis, Alain de Benoist fu invitato a Nantes in qualità di relatore ad una conferenza, intitolata La décroissance? Une rupture fondamentale avec l’esprit du temps, organizzata dai ragazzi di “Jeune Bretagne”, il gruppo giovanile del Bloc Identitaire. Parliamo del 29 maggio 2010, giusto per far chiarezza. Indi per cui, secondo l’Espresso e secondo gli autori delle ricostruzioni sopracitate, basta e avanza per essere definiti maître à penser di qualsivoglia movimento o gruppo culturale? No perché, fa già ridere solo il volerlo pensare.

Vista poi, l’attendibilità di quei “saggisti” cui si sono probabilmente rivolti, abituati come sono a saltare di palo in frasca pur di avere cinque minuti di gloria. Il riferimento va a chi continua a scrivere “saggi” sulla “Nuova Destra”, accreditandosi in certi ambienti, salvo poi esserne sconfessati, sistematicamente.  Qualunque essi siano gli ambienti. Anche qui, notiamo la spasmodica ricerca di voler catalogare con un termine e delle ricerche inesatti, ciò che non è soggetto a steccati di sorta. Dunque, è evidente che certi articolisti, sia dell’Espresso, sia di alcune riviste informatiche, non abbiano mai letto un libro di Alain de Benoist. E tanto meno, cercato di studiarne il pensiero.

Forse capirebbero che «per un popolo, l’identità è inseparabile da una storia che ha plasmato la propria socialità» e soprattutto, ragionando senza approcci ideologici che «l’identità si rivela ancor più di quanto venga vissuta, altrimenti si rischia di cadere nel feticismo o nella necrosi». Lo stesso discorso vale per la critica del filosofo al concetto de “La Grande Sostituzione” che non troviamo, chissà perché, nell’articolo “Libri Neri” de l’Espresso. Eppure, bastava leggere una sua intervista, rilasciata al sito di notizie Boulevard Voltaire (https://www.bvoltaire.fr), dal titolo Entretien avec Alain de Benoist: «La Grande Transformation, plutôt que le Grand Remplacement…» per non fare una figuraccia da peracottai della disinformazione.

Ma immagino che sia troppo faticoso informarsi prima di scrivere un articolo. Meglio evitare, perché non tornerebbe utile alla ricostruzione tendenziosa, riportare che Alain de Benoist è dell’opinione che sia più corretto parlare di una “Grande Trasformazione”. Tra l’altro, senza aver neppure contezza che Renaud Camus ha pubblicato nel 2013, due anni dopo “La Grande Sostituzione”, un altro saggio intitolato “Il cambiamento del popolo”. Una «seconda formula che ha avuto meno successo» ma che il filosofo francese, «considera molto più esatta». Così, non si ottiene il risultato che si vorrebbe, vero?

Tanto per cambiare, possiamo dire che in questo articolo, per ciò che riguarda Alain de Benoist, l’ideologia dogmatica prestata al giornalismo ha prodotto delle asserzioni che non corrispondono al vero. Questa sì che è un’attualità scottante!

(Francesco Marotta, Barbadillo.it, 13 maggio 2019)

 

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