L’epoca d’oro della pirateria è tutta in un libro

 

I pendagli da forca dell’epoca d’oro della pirateria che va dal 1650 al 1730, destarono parecchie preoccupazioni ai primi cenni dell’imperialismo mercantile inglese, al colonialismo dei conquistadores spagnoli, alla Compagnia delle Indie Occidentali e delle Indie Orientali dei domini coloniali francesi. Erano bollati dal marchio infamante di reietti, ladri e assassini, pronti per essere issati sulle forche di mezzo pianeta, come garanzia di legalità.

In realtà, passati i tempi dell’assestamento della Riforma Protestante e dello Scisma Anglicano che accelerarono una certa propensione alla purezza dottrinaria dei “giusti” nelle tre varianti, cattolica, protestante ed anglicana, era certamente una consuetudine e pensiero comune, considerarli dei peccatori impenitenti in odore di zolfo.

Un po’ come nello stralcio significativo sulla questione che troviamo nel romanzo di Björn Larsson, “La vera storia del pirata Long John Silver” pubblicato da Iperborea nel 1998 che raffigura perfettamente l’immaginario comune di quel periodo: «Quanti erano quelli che si erano dati alla pirateria perché comunque sarebbero stati impiccati, per una ragione o per l’altra, in genere del tutto insignificante?».

Purtroppo é una certezza che attanaglia gli appassionati, soprattutto quando si parte per un viaggio e la meta é un luogo di mare. Colti, appena arrivati a destinazione, dal desiderio di una lettura che narra le gesta spericolate e ciurmesche di chi innalzò la Jolly Roger, come spauracchio e monito non solo per predare ma anche, contro il razionalismo e l’individualismo, che a partire dal XVII secolo in poi, fu il preludio e l’anticipazione della vittoria del Capitalismo in Europa.

Marcus Rediker é uno storico e scrittore che insegna Storia atlantica all’Università di Pittsburgh. Nell’ambiente universitario non é conosciuto solo per le sue opere e per i suoi studi sulla pirateria: viene considerato uno dei maggiori esponenti della «history from below», la metodologia di ricerca storica che pone le sue basi sull’analisi storica, incentrata «sul punto di vista e sulle prospettive dei ceti e delle classi sociali più bassi».

Il saggio che ho avuto modo di leggere a stretto contatto con il Mediterraneo, “Canaglie di tutto il mondo. L’epoca d’oro della pirateria” di Marcus Rediker, edito da Elèuthera e in uscita già dal 14/07/2016, racconta l’epopea sanguinaria ed anticonformista così lontana dall’accezione e dall’abuso del termine che spesso, erroneamente, viene assegnata a destra e a manca.

Chiarendone innanzitutto, la netta distinzione che intercorre tra le scorrerie dei pirati e quelle dei corsari. Quest’ultimi, ingaggiati dai governi europei che avevano uno sbocco sul mare (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio, Danimarca) con il chiaro intento di ostacolarsi, depredarsi vicendevolmente delle navi e delle ricchezze, per ampliare in sostanza il loro predominio delle rotte mercantili e del commercio delle colonie.

Basti pensare alle “imprese” marinare del corsaro Francis Drake, al soldo e spesso sotto le sottane di Elisabetta I d’Inghilterra nel XVI secolo, morto per dissenteria nella baia di Portobello nel gennaio del 1595. Una fine diversa ed una vita abbastanza longeva per chi andava per mare, molto differenti da quelle del pirata William Fly. Specialmente, dalle sue ultime ore, narrate nelle prime pagine del saggio di M.Rediker.

Fly venne condannato all’impiccagione per pirateria il 12 luglio 1726 a Boston, senza proferire nessuna parola di pentimento per le sue azioni ma, ben disposto ad assicurarsi personalmente, la tenuta della corda sulla traversa ed il corretto funzionamento del nodo e del cappio; rimproverando il boia perché a suo dire «non sapeva fare bene il proprio mestiere». Beh come inizio lettura non c’è male, visto che a seguire, l’autore svelerà i caratteri e le storie personali dei celebri pirati Edward Teach, Bartholomew Roberts, Henry Morgan e William Kidd, con tanto di capitolo dedicato a “Le donne pirata: Anne Bonny e Mary Read”.

E’ la storia di un’epoca romantica ed estremamente sanguinaria, avvolta dalle prepotenze della società dell’epoca che si riversavano come un fiume in piena sulle vite di tanti marinai, stanchi dei soprusi, delle paghe da fame, delle vergate moralizzatrici e del dispotismo vessatorio che innescò a sua volta, una ribellione e un ripensamento «dei beni comuni»: assoggettati sin da allora, dall’interpretazione della stragrande maggioranza degli uomini, intenti a calcolarne solo una stima.

Sempre pronti nel mettere in secondo piano la possibilità di un reddito sufficiente per vivere e soprattutto per lavorare con dignità, garantendo così i bisogni primari in una società che si proiettava già verso l’ accumulo del superfluo e della contraddizione imperialista.

Ma é principalmente l’ultimo periodo di chi si affidò ad un terrore adeguato al terrore, riuscendo a modo suo e con il sangue versato dai nemici che battevano una bandiera diversa e giudicata oramai il volto e al pari dell’ignominia, a creare una disciplina interna ed una gerarchica. Dove tutti nel rispetto dei ruoli, avevano diritto a dire la propria, rispettando le regole e il codice di una “democrazia radicale” in un contesto efficiente.

Il saggio di Marcus Rediker é da leggere assieme alla schiuma bianca delle onde e agli schizzi salmastri che ogni tanto potrebbero far capolino sul viso. Per i facili, quanto utili corsari di oggi, dai cappelli a falde larghe rivestiti di piume politico-ideologiche, solo con loro. Visto che la Storia si ripete a volte simile ma mai identica.

Marcus Rediker

Canaglie di tutto il mondo. L’epoca d’oro della pirateria

Edito da Elèuthera, Milano, 14/07/2016

Genere: Storia, Politica, Scienze Sociali

Ppgg. 232, euro 17.00

(Fonte: http://www.destra.it, Francesco Marotta, 07/09/2016)

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