Julius Evola è stato indubbiamente una delle figure principali del panorama culturale del Secolo Breve. La sua propensione ad esplorare l’ambito filosofico, intellettuale, artistico, esoterico ed essoterico, lo rende ancora oggi oggetto di una lettura approssimativa del suo pensiero e delle sue opere. La macchinazione ordita dai suoi detrattori, aiutata anche dalle interpretazioni valutative e politico-ideologiche di alcuni suoi estimatori “tradizionalisti” che non coincidono affatto con la verità storica, continuano imperterrite a procurare danni, distorsioni, del suo pensiero complesso e poliedrico.
A tal proposito, segnaliamo un importantissimo lavoro della Fondazione Julius Evola (www.fondazionejuliusevola.it), impegnata negli studi sul Nostro, nella pubblicazione di opere, nonché nella preparazione di convegni e iniziative volti a far conoscere gli scritti e le sintesi del pensatore italiano. Curando, attentamente una ricerca introspettiva dove si cerca di guardare <<dentro Evola>> per coglierne i segni distintivi ed elaborarne, anche una critica che non è fine a sé stessa.
Dal 23 marzo scorso, è possibile leggere gli Atti del convegno “L’eredità di Jiulius Evola”, tenutosi a Roma il 29 novembre 2014, presso la Sala Alessandrina dell’Accademia Medica. Sono tutti nel libro “Julius Evola e la sua eredità culturale”, edito da Edizioni Mediterranee a cura di Gianfranco de Turris, Segretario della Fondazione Evola, con tanto di presentazione scritta da Giancarlo Seri, Presidente dell’Accademia Nazionale dei Filaleti.
Quella di de Turris è una premessa di fuoco, imperniata sulla <<proibizione di occuparsi delle molteplici attività di Julius Evola, dall’alto dell’Accademia “di sinistra” e dal basso della Militanza “di destra”>>, sottolineando l’ottusità conformista, accademica e non, che ha sancito un’unica visione d’insieme parecchio denigratoria, dell’operato culturale del Barone.
Ad illustrare l’eredità culturale lasciata da J.Evola, sono personalità dell’ambito universitario e culturale di notevole rilievo, nonché relatori del convegno: Massimo Mander (Introduzione),Vitaldo Conte (Evola e l’arte-poesia), Massimo Donà (Evola e la Filosofia), Davide Bigalli (Evola e la tradizione ermetica), Claudio Bonvecchio (Evola e la tradizione italico-mediterranea), Giovanni Casadio ( Evola e la Storia delle Religioni), Fabio Marco Fabbri (Evola e la sociologia islamica), Marco Concetti (Evola e la storiografia), Giuseppe Parlato (Evola e la politica nel secondo dopoguerra), Romano Gasparotti (Evola e la filosofia dell’eros).
Trattasi di una raccolta imperdibile che racchiude le innumerevoli distinzioni analitiche molto particolareggiate, in onore di una mente eccezionale ma ripetiamolo, criticabile, qual era quella di Evola. Il pensiero filosofico, “Il mistero del Graal” e la “Rivolta contro il mondo moderno”, possono ora essere disseppelliti dalle polveri dell’ortodossia di destra e dall’inquisizione aprioristica della sinistra.
Scoprendo, senza pregiudizi, l’ascesa alla Montagna di Evola, il significato dell’eros e della sessualità liberi dalle delazioni dei beghini, il periodo del Gruppo di UR e della Rivista omonimia, dimenticandosi del manuale teosofico di Madame Blavatsky e delle castronerie et similia. Poi, diciamolo una volta per tutte, visto che non siamo certo dei bigotti: la passione esoterica ed iniziatica del monocolo più famoso d’Italia non ha certo aiutato, anzi.
Cosa parecchio diversa dal capire le facoltà della metanarrazione storiografica di Evola che tra l’altro, a proposito delle verità di un dato periodo storico e dell’iscrizione al P.N.F. che non è mai avvenuta, riuscì in quel periodo così intricato ad osservare con curiosità il Sacro, con modalità mai banali e non circoscritte solo alla sfera religiosa. Come è noto, lo fece anche prima dello scoppio della Seconda Guerra mondiale, precisamente fra il 1917 e il 1924, quando terminò di scrivere la “Teoria e fenomenologia dell’individuo assoluto”, pubblicata in due volumi nel 1927 e nel 1930, dove troviamo delle trattazioni sul Sacro, la gnosi e il sovrarazionale.
Troviamo invece, molti punti in disaccordo sull’ “Imperialismo pagano” pubblicato nel 1928, quasi in concomitanza con i Patti Lateranensi. Soprattutto, per una certa propensione ad eleggere una “Regalità” che con il riferimento alla felicitas imperatoria ed << il rapporto favorevole con gli Dèi>> ha davvero poco da spartire. Sarà pure uno scritto di gioventù ed un capriccio suggerito dall’idiocentrismo ma, fa spesso capolino ed è presente anche in altre opere e scritti. Diciamo che per Evola, il forte anti-cristianesimo manifestato nello scritto, era centrale per una ragione principale: la differenziazione tra una totalità religiosa e l’esaltazione di un aspetto rievocativo del fascismo.
In conclusione, la definizione di Impero data da Evola, evidentemente non è scindibile dall’argomentazione monarchico-nobiliare: “Ma se si dà uno sguardo al mondo dei portatori di corona in tutti i tempi e in tutti i luoghi, si può rilevare come motivo comune e costante il riconoscimento della necessità di un centro stabile, di un polo, di qualcosa che per essere veramente stabile deve avere, in un certo modo, il proprio principio in sé stesso o dall’alto, che non deve avere un carattere derivato”.
Insomma, le ispirazioni di Evola a riguardo di cosa sia un Impero, sembravano molto simili alla restaurazione di una monarchia che di aristocratico, nel vero senso del termine, aveva ben poco. Tutt’al più, si avvicinava molto al “giacobinismo” ed al centralismo degli Stati nazionali che con le fondamenta di un Impero, le Regioni e le comunità, come sappiamo sono ben altra cosa.
A venirci in aiuto, sia per riflettere e sia per non cadere nelle solite griglie mentali, sono le sintesi che troviamo in quest’opera che toccano gradualmente gli aspetti e le particolarità del filosofo, poeta, scrittore, evitando di soffermarsi esclusivamente su un’epoca affascinante ma non esaustiva della sua molteplice personalità.
Anche perché, transitando attraverso le correnti artistiche e culturali del ‘900, raggiunto l’apice del Dadaismo solo dopo aver aderito al Futurismo, emerge un’opinione che a molti farà storcere il naso ma non al sottoscritto: “In realtà, i movimenti cui m’interessai ebbero un valore non tanto in quanto arte, ma appunto come segno e manifestazione di uno stato d’animo del genere, quindi per la loro dimensione meta-artistica e perfino antiartistica.
Forse è il caso di sfatare alcuni luoghi comuni che hanno trascinato la politica militante nell’esaltazione, perenne, dei cliché delle avanguardie riferibili in un dato tempo storico che mai si ripresenterà tale e quale. Evola ne era conscio ed il suo percorso terreno, ricco delle diverse esperienze e sperimentazioni, lo dimostrano. In questo caso, gli atti di un convegno trascritti in un libro, fanno la differenza, eccome.
Curatore: Gianfranco de Turris
Julius Evola e la sua eredità culturale
Edizioni Mediterranee, Collana Controluce, 23/03/2017
Pagg. 224, euro 22,50
(Fonte: http://www.destra.it, Francesco Marotta, 31 ottobre 2017)